Anche i poveri hanno bisogno dell’arte e della bellezza

Pubblicato giorno 28 giugno 2023 - Articoli

«La vostra presenza mi rallegra, perché la Chiesa ha sempre avuto un rapporto con gli artisti che si può definire nello stesso tempo naturale e speciale. Si tratta di un’amicizia naturale, perché l’artista prende sul serio la profondità inesauribile dell’esistenza, della vita e del mondo, anche nelle sue contraddizioni e nei suoi lati tragici. Questa profondità rischia di diventare invisibile allo sguardo di molti saperi specializzati, che rispondono a esigenze immediate, ma stentano a vedere la vita come realtà poliedrica. L’artista ricorda a tutti che la dimensione nella quale ci muoviamo, anche quando non ne siamo consapevoli, è quella dello Spirito».

Lo ha detto ieri Papa Francesco nel suo discorso agli artisti che hanno partecipato all’incontro promosso in occasione del cinquantesimo anniversario dell’inaugurazione della collezione d’arte moderna dei Musei vaticani. Citando la frase di Romano Guardini «lo stato in cui si trova l’artista mentre crea è affine a quello del fanciullo e pure del veggente», il pontefice ha affermato che, quando si crea arte, si acquisisce la spontaneità del bambino che immagina e l’acutezza profetica che coglie la realtà. Inserendo nelle proprie opere l’unicità di sé stessi, gli artisti cercano di mettere al mondo qualcosa che così non si era mai visto, arricchendo l’umanità di una realtà nuova e partecipando alla passione generativa di Dio. Questa bellezza, al contrario di quella artificiale e superficiale diffusa oggi che nasconde e non rivela, intende scandagliare la vita al di là delle apparenze per andare oltre, verso la dimensione del sogno. Continua il Papa:

«In questo essere veggenti, sentinelle, coscienze critiche, vi sento alleati per tante cose che mi stanno a cuore, come la difesa della vita umana, la giustizia sociale, gli ultimi, la cura della casa comune, il sentirci tutti fratelli. Mi sta a cuore l’umanità dell’umanità, la dimensione umana dell’umanità. Perché è anche la grande passione di Dio. Una delle cose che avvicinano l’arte alla fede è il fatto di disturbare un po’. L’arte e la fede non possono lasciare le cose come stanno: le cambiano, le trasformano, le convertono, le muovono. L’arte non può mai essere un anestetico; dà pace, ma non addormenta le coscienze, le tiene sveglie. Spesso voi artisti provate a sondare anche gli inferi della condizione umana, gli abissi, le parti oscure. Noi non siamo solo luce, e voi ce lo ricordate; ma c’è bisogno di gettare la luce della speranza nelle tenebre dell’umano, dell’individualismo e dell’indifferenza. Aiutateci a intravedere la luce, la bellezza che salva».

La bellezza, riflesso delle cose quando sono buone, giuste e vere, tocca i sensi per animare lo spirito, dice Francesco. Ma l’arte può essere anche futile, ingannatrice. Per questo, occorre discernere quella che è riflesso dell’armonia, strettamente legata all’azione dello Spirito Santo, il grande armonizzatore del mondo. Prima di fare l’armonia, però, ci vuole lo squilibrio, che scombini l’uniformità omologante. Anche per ciò, Francesco chiede agli artisti di non dimenticarsi dei poveri, i preferiti di Cristo ma oggi emarginati dalla società. Anche loro hanno bisogno dell’arte e della bellezza.